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Matilde 02-13 - L'inevitabile


di Alex46
01.03.2019    |    8.626    |    0 9.0
"Mi avvicino, le sfilo dal retto che lo avvolge ancora il cilindro di plastica, unto di umori anali, di mucosa..."
Allargo le gambe quasi inconsapevolmente, in una posa oscena. Lei mi accarezza un braccio e mi guarda, tutta nuda, totalmente arresa.
- Non hai più visto una donna masturbarsi, vero? - riprende.
- No, ma sai quante volte, mentre Michele mi scopava con furia, ho immaginato te che ti stavi masturbando davanti a noi... per me. Perché così noi facevamo, questo era il nostro amore: e così ho sempre raggiunto orgasmi dirompenti.
- Dio, Matilde, come mi sarebbe piaciuto essere lì, davanti a te, a guardarti. Davvero, sarei impazzita di piacere. Adesso tu vuoi che io mi tocchi ancora di fronte a te, non è vero? - chiede, con la voce che le è salita di tono alla fine, tradendo una specie di parossismo, di urgenza.
Di colpo incapace di articolare altre parole, faccio cenno di sì, con la testa, e mi sento le gote in fiamme, una vampata mi percorre fino ai piedi.
Ma Debra non cede, mi sussurra nell’orecchio, con voce arrochita dalla libidine: - Dimmelo, dai, dimmi che lo vuoi, vuoi che mi masturbi per te, come nelle tue fantasie. Dimmi che vuoi che mi apra la figa davanti a te, che lecchi i miei stessi umori, che mi sditalini per te...
Adesso basta, questa donna sarà di nuovo mia, come lo è stata. Non so perché non mi parla di Michele, ma tutto dovrà assolutamente tornare come prima. Quello che mi sta facendo fare adesso è la sua generosa punizione per quella disgraziata nostra ultima sessione di dominio, quando l’ho umiliata a morte e lei si è autocondannata con la famosa frase “Ti amo!”
La sua voce mi ha fatto crollare ogni muro dentro, e ora so che anche per lei le mura non esistono più. Sento la mie parole sussurrate, come se le dicesse un altra persona: - Sì, ti prego, fallo per me, davanti a me, ti prego. Fammi vedere quanto sei capace di godere, fammi vedere come ti lasci prendere dai tuoi orgasmi. L’ho voluto, l’ho sognato per tre mesi, mi hai fatto disperare...
Debra si risistema supina e comincia ad accarezzarsi il corpo con voluttà. Le sue mani lo percorrono più volte, lente all’esasperazione. Si palpa i seni gonfi, quasi deformandoli. Si accarezza i fianchi, la pancia, le cosce. La figa le spasima visibilmente, è uno spettacolo sublime di cui non perdo neppure un frammento. A volte la scuote un brivido e si sentono solo i suoi sospiri prolungati.
Io allargo ancora le gambe, mi infilo una mano in mezzo, sfiorandomi le labbra con i polpastrelli. Debra sussurra come fra sé, in trance: - Piano, fai piano, senza fretta. Sfiorati su tutto il tuo corpo, lasciati cullare, abbandònati. Io questo modo di masturbarmi l’ho imparato stando realmente da sola, con voi due piantati in testa.
Io lo so bene come si fa, anche lei sa che io so. Ma ora il gioco è che io sono l’allieva. Seguendo le sue istruzioni vado a cercare la carne tumida e gonfia della figa, mi massaggio le labbra spalancate evitando il clitoride; basta un contatto lievissimo sul bottoncino per farmi trasalire. Mi sfugge dalle labbra un lungo gemito di piacere.
- Così, brava - mi incita Debra, che nel frattempo si sta soffermando tra le cosce, stimolandosi «dietro» con le sue lunghe dita, sottili e agili: - mi apro per te, guarda.
E così dicendo spalanca le labbra, mostrando gli umori copiosi che trasudano da dentro; io desidero il suo clitoride gonfio, infiammato. La sua mano destra indugia, posso vederla muoversi, ruotare da sotto, come volesse saggiare la consistenza del suo pertugio più segreto.
Non riesco a staccare gli occhi dal quel corpo stupendo, che ha cominciato a vibrare di continuo, con spasmi sempre maggiori e prolungati.
Si alza sulle ginocchia, mostrandomi il culo sodo. Si piega chinandosi in avanti, per darmi la visuale migliore, si porta le due mani sulle chiappe, si accarezza il culo per qualche secondo, sensuale, poi comincia ad allargare le chiappe sempre più, lentamente, rivelando il secondo centro del piacere. Ho lo sguardo fisso sul suo culo, pieno, allettante.
Verso l’interno, una rossa valle sudata al cui centro troneggia il rosa dell’ano e più in basso il taglio verticale, racchiuso tra le pieghe della vagina.
È una visione inebriante, inquietante perfino.
Debra sta perdendo il controllo: - Mi apro per te, guardalo. Vedi il mio dito, vedi come si muove sul bordo... ti stai eccitando, amore?
Cazzo, mi ha richiamato “amore”. Sì, mi sto eccitando alla grande. Vorrei che le sue dita scomparissero dentro.
Quasi mi avesse letto nel pensiero, Debra lo fa, con un colpo secco e un gemito rauco, si ficca dentro un dito, fradicio di figa: - Guarda Matilde, questo sto facendo per te, mi sto inculando con il mio dito e lo muovo, vedi che lo muovo - quasi urla ora, voltandosi per cercare il mio sguardo transfisso, mentre il palmo della sua mano sinistra se lo strofina sul monte di venere, con movimenti circolari.
Il bacino si agita, ondeggia violentemente sotto i diversi stimoli. Lo sfintere si è richiuso serrando il dito in una morsa che permette solo un piccolo movimento. Negli occhi ha la frenesia più totale, la libertà di godere oltre ogni eccesso.
Poi la vedo protendere un braccio nella sua borsa sul comodino, non sembra cerchi a caso.
Prende il suo vibratore, lo accende, se lo porta dietro al culo, armeggia per qualche istante intorno al buchetto dal quale ha fatto uscire il dito, mentre la sento dirmi: - Guardami, amore, mi sento così porca quando mi guardi tu...
Poi un grido rantolante, un’espressione contratta e lussuriosa al tempo stesso, stampata su un volto stranito. Trova anche l’energia di cambiare posizione, ora si mette in ginocchio davanti a lato mio. Tra le gambe intravedo il cilindro del vibratore che le fuoriesce da dietro, dall’ano. Se l’è infilato in un colpo solo, e la scena è così erotica da lasciarmi di sasso, attonita, instupidita, soprattutto incapace di imitarla.
Le sue gambe ripiegate sono larghe al massimo, allo scopo di scendere il più possibile con i culo verso il letto e fare in modo che il vibratore vi si appoggi senza minacciare di uscire. La figa sembra un recipiente crepato, le labbra sono piene, prominenti; dal bordo inferiore vedo colare alcune gocce di succo biancastro del piacere, mi sembra di sentire l’odore pungente invadere la stanza, mischiato a quello della mia figa.
Debra si slarga con decisione le labbra e infila due dita fino al palmo, mentre il pollice sfrega il clitoride: - Guardami adesso, guarda la tua amica del cuore, anche un po’ nemica,
come si sbatte la figa - mi dice a voce alta – l’ho fatto per tutti questi mesi pensando a voi maledetti schifosi bastardi, che intanto scopavate come ricci ovunque. Ti ho odiata, e poi ti ho riamata, e poi ti ho riodiata, e adesso ti amo...
Io sono letteralmente rapita da questo spettacolo e dalle parole che sento, mentre mi strizzo i capezzoli e continuo a toccarmi tra le gambe.
La figa fradicia sta pulsando, come un piccolo cuore impazzito, colando i suoi umori di miele. Il piacere cresce senza sosta, a dismisura, sembra non voler avere mai fine questa escalation.
Non ho mai provato queste sensazioni così emotive, neppure nelle mie migliori masturbazioni o durante il sesso proprio con loro due. Questo è un grande ritorno.
- Ti piace guardarmi, vero? Mentre faccio le porcate per te - mi dice, con parole roche e spezzate.
Mi manca la voce, farfuglio: - Sì, amore, mi ecciti. Non fermarti, ti prego.
Allora lei continua: - Tu l’hai sempre saputo che Michele è anche mio, vero? Non hai mai pensato di rubarmelo, vero? Dimmi che è vero, cristo.
- È vero, Debra. Io ho continuato ad amarti. Per questo oggi pomeriggio ero così trasognata, così fuori di me. Non potevo credere di averti ritrovata, che ti abbiamo ritrovata. Non ho mai pensato a Michele come a un uomo mio. Io non voglio avere un uomo mio, voglio che ce ne sia uno, lui, e che sia nostro.
Le dico queste cose in modo molto dolce, ma sempre assai concitato per via della figa impazzita. Ci masturbiamo freneticamente, spiando i movimenti e l’eccitazione dell’altra.
Come se fosse la prima volta che la vedo masturbarsi. O la prima volta che lo facesse di fronte a me, per me.
La carica accumulata per tutto il pomeriggio sta crescendo, come se volesse esplodermi dentro tutta in un colpo. Imito i suoi movimenti esperti, avanti e indietro, ruotando leggermente il polso, da buona attrice allieva, mentre il pollice scivola sul clitoride sfregandolo in continuazione.
Debra si sditalina furiosamente, a un ritmo analogo a quello col quale spinge verso il basso l’oggetto che ha infilato nel culo.
La sua base è appoggiata al lenzuolo e lei spinge, come se volesse sedersi sopra, poi, quando lo ha quasi ingoiato completamente, risale e lo espelle dal culo, assaporando tutto il piacere, e il leggero fastidio che quel va e vieni le sta visibilmente provocando.
Con la mano sinistra si tortura i capezzoli, davanti ai miei occhi le sue tette sembrano essere ancora più piene, come scolpite nella roccia. Ma Debra è fatta di roccia... come la sua terra d’origine.
- Dammi la spazzola. La tua spazzola, quella là, dai - ansima, indicando l’oggetto sul comodino - e adesso infilami il manico, mettimelo dentro, su. Per te voglio godere come una puttana, una puttana in calore.
A me viene in mente quando mi ero infilata i due vibratori mentre Michele era davanti alla tele. E a quel ricordo, ecco di nuovo quella sensazione di stordimento folle, mi sento quasi svenire. Qualcosa in me tende a bloccarmi, a paralizzarmi, mentre il corpo stesso vuole di più, vuole tutto e non lo nasconde; fa male, è come essere dilaniati da forze opposte.
Senza smettere di accarezzarmi impugno con decisione la spazzola.
Debra mi facilita il compito, allargandosi le labbra con le dita senza smettere di oscillare.
Appoggio il manico all’entrata della sua figa, spingo dolcemente, ma senza fermarmi mai, incitata dalla sua voce: - Chiavami, dai, tieni fermo quel coso che voglio infilarmelo dentro tutto.
L’impugnatura penetra facilmente, come se fosse risucchiata da una bocca avida, scomparendo presto fino in fondo alla vagina.
Debra non ha più controllo, emette solo rumori sordi. Allarga al massimo le cosce madide di liquido, le natiche le si contraggono intorno al cilindro che le tormenta il retto.
Mi strappa dalle mani il controllo e inizia a maneggiare il manico della spazzola come un’ossessa, lo scuote dentro di sé, lo muove su e giù come se fosse un pene, imbrattandolo subito di secrezioni abbondanti.
Si sta impalando da sola, su quei due falli, assaporando ogni goccia di godimento, mentre due dita della mano destra si accaniscono sul clitoride vistosamente eccitato e ormai del tutto esposto.
Mi piacciono da morire le sue tette che ballano appena da tanto sono sode, mi prende una voglia irrefrenabile di affondarci la faccia e di succhiarle.
Debra con la mano libera afferra la mammella sinistra e se la spinge all’altezza del viso ripiegato in basso. Tira fuori la lingua e inizia a stuzzicarsi il capezzolo, descrivendo con la punta cerchi regolari intorno al rilievo dell’areola, poi si concentra sulla punta, slinguandolo con tocchi rapidi e frequenti. È indecente, come un’attrice porno di fronte al suo pubblico.
Io trattengo il respiro sfinita, di fronte a questo bombardamento emotivo. La mia sinistra è sempre ben piantata tra le gambe, a palmo aperto, quasi si muovesse meccanicamente; la destra sta diteggiando il buco del culo, massaggiandolo con fermezza, anch’essa in piena libertà, come se fossero arti staccati dal controllo del cervello.
Decido di infilarmi il dito medio, fino in fondo, preparandomi a un dolore acuto. Lo sfintere si dilata, lasciando entrare il dito, poi si richiude subito, avvolgendolo. Muovo il dito avanti e indietro in accordo con le dita dell’altra mano, che stanno violando la figa, talmente dilatata e fradicia da riceverne tre tutte in un colpo.
Sono felice, eccitata, oscena. Dalle nostre bocche escono frasi smozzicate, senza un senso preciso. Avrei voglia di un bel dildo, talmente mi sento troia con queste tre dita dentro. Ma sono pigra, anche il dito nel culo è un di più e faccio troppa fatica a smanettarmi così da sola. Così mi accontento, paga di quello che già vivo, dell’eccitazione meravigliosa che Debra mi sta regalando, perse nel nostro piccolo mondo, dove il tempo si è fermato, anzi è ritornato, come in sogno.
Sono gli ultimi attimi prima dell’acme, quando tutto il corpo si prepara a prostrarsi di fronte all’esplosione definitiva.
È Debra ad annunciarla per prima: - Ecco, amore, ci sono quasi. Sto per venire. Guardami , piccola.

Si irrigidisce di colpo, scossa da un unico, lungo fremito che la fa vibrare violentemente, si inarca in maniera innaturale mentre spinge in avanti il bacino con sussulti sempre più frequenti, due dita si sostituiscono all’impugnatura della spazzola, entrano ed escono dalla figa, cercano di toccare il punto di maggior piacere, alla facile ricerca del mitico punto G, trascinando all’esterno piccoli fiotti di liquido che cola per giù per le cosce fino al lenzuolo.
Non resisto. Intensifico i movimenti come una folle finché non avverto i primi sussulti del piacere. Mi inarco, spalancando le gambe sino allo spasimo, con lo sguardo annebbiato, fisso sul pube di Debra.
Il suo culo si scuote con spasmi sempre più brevi e frequenti, la sua voce scandisce per me i tempi del suo orgasmo: - Sta arrivando, amore, lo sento. Sì, sìì. Sìììì, vengo. Guardami Matilde, vengooooooooo... ahhhgghhhh... godoooooo.
Urlo anch’io insieme a lei, spaccandomi, aprendomi tutta, fremendo, spazzata via da qualcosa più potente di ogni sensazione mai provata.
Ogni fibra, ogni cellula sembra aprirsi, tendersi, premere verso l’esterno come se volesse schizzare via. Vedo l’orgasmo squassare il corpo di Debra, sbatterla come una bambola senza senno, preda di una specie di delirio tremante.
Ci abbandoniamo all’inevitabile, vittime dei nostri eccessi, dei nostri corpi scossi, dal contrarsi e rilasciarsi dei muscoli, dalla tensione spasmodica degli arti. Sfilano via i secondi, poi l’afflosciarsi dei corpi, sacchi svuotati, privi di energia e volontà. I muscoli si rilassano, gli occhi rimangono socchiusi, le cosce rilasciate, le fighe fradice, inzuppate di miele.
Il petto si solleva con sempre minor frequenza e il respiro riacquista il ritmo normale. Debra è sdraiata sul ventre, prona e affranta. Io giaccio supina con le gambe larghe, distrutta.
Abbiamo goduto insieme, un orgasmo folle, assoluto.
Per lunghi istanti abbiamo appena la forza di sorriderci, restando accasciate, a lato l’una dell’altra, guardandoci così sfinite, come se fosse la prima volta, immerse in un’intimità sconosciuta, dall’acre sapore di sudore e secrezioni vaginali.
Mi avvicino, le sfilo dal retto che lo avvolge ancora il cilindro di plastica, unto di umori anali, di mucosa. Resto a osservare il culo richiudersi, ritornare come prima prepotente e perfetto, come un sipario che cala, come se nulla fosse successo, pronto per il prossimo corpo invasivo.
Ci ritroviamo avvinte con tenerezza, l’una nelle braccia dell’altra, stremate, creature distrutte dopo uno sforzo estenuante. Domani si vedrà, come ultima battuta ho ancora la forza di pensare a Michele: - Dovresti essere tu a telefonargli, credo che glielo devi.
- Lo farò – mi risponde – e gli racconteremo tutto.
Poi, ignare di tutto ciò che ci circonda, di quello che siamo e saremo d’ora in poi rimaniamo immerse in un oceano d’estasi e di alchimia fino a che ci addormentiamo come sassi.

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